La storia della pubblicità italiana in televisione non può prescindere da un format che ha accompagnato milioni di persone per oltre 20 anni: il Carosello. L’idea vincente fu quella di far passare la pubblicità come divertimento, utilizzando in particolare i generi in cui l’Italia era maestra, ossia la commedia all’italiana, la rivista e l’avanspettacolo. La metrica era molto chiara: inizio e fine di puro spettacolo e al centro gli spot, creati per essere ricordati. Oggi, complice la forte affermazione dell’advertising online, l’offerta pubblicitaria appare molto più condizionata, rispetto al passato, dai consumatori/utenti, e questo influenza inevitabilmente il linguaggio e il format.
Stare al passo con i tempi deve essere non solo una necessità ma una strategia che ben si adatta alle esigenze del mercato e dei consumatori, oggi sempre più desiderosi di influenzare le sorti di una campagna. Se da una parte sono mutati i canali di fruizione della pubblicità e conseguentemente l’interattività, dall’altra alla tradizionale figura del pubblicitario si sta sempre più affiancando quella del regista cinematografico prestato al set dello spot.
L’ultimo caso che ha diviso la rete riguarda il nuovo spot di Parmigiano Reggiano realizzato dal regista Paolo Genovese e prontamente rivisto dal Consorzio dopo il caos online.
Su questo specifico caso vale la pena partire dalle parole di Carlo Mangini, direttore comunicazione, marketing e sviluppo commerciale del Consorzio Parmigiano Reggiano che in una nota ufficiale ha ribadito il profondo rispetto nei confronti di chi in rete ha espresso contrarietà rispetto al messaggio declinato su diversi spot e conseguentemente ha annunciato una modifica dei successivi. L’errore è stato commesso, si è trattato di un errore di scrittura, di un errore di testing, di una costruzione cinematografica che ha enfatizzato il messaggio che in partenza erà già infelice. Ma questo episodio ha evidenziato il peso specifico della rete, e dei social network in particolare, sul successo o meno di uno spot, e sull’up o il down reputazionale di un brand. Oltre alle logiche del mercato si deve quindi fare i conti con l’umore del web dove qualunque commento, a favore oppure critico, vale uno e soprattutto non si perde nell’etere, al contrario rimane, esattamente come quel timbro che contraddistingue il Parmigiano Reggiano.
Tornando quindi a parlare di pubblicità, forse quello che oggi manca sono delle nuove metriche, che non possono essere più quelle del Carosello anni 50 ma potrebbero trasformarsi in qualcosa di diverso, una sorta di Carosello 2.0 dove i registi rimangono tali e si occupano di popolare la parte iniziale e finale, i creativi tornano a dominare il palcoscenico delle idee, costruendo spot capaci di responsabilizzare gli utenti a tal punto da essere poi loro gli storyteller verso le nuove generazioni. In questo modo si tornerebbe ad un intrattenimento pubblicitario nuovamente ordinato, dove il prodotto e la marca rappresentano l’archetipo del messaggio che si vuole trasmettere e non la cornice nella quale si vanno ad innestare altri pensieri che, rielaborati in chiave creativa, possono generare confusioni interpretative.
Perchè poi alla fine la pubblicità serve, e come diceva il sociologo Marshall McLuhan “si tratta della più grande forma d’arte del XX secolo”.
* Articoli pubblicati su blog di Affari Italiani The Ghost Writer
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