Siamo spesso abituati a cercare le cause scatenanti di un cambiamento, di un arresto o di una ripresa, di un rinnovamento o semplicemente di un change: ma cosa si nasconde dietro queste reazioni che determinano o influenzano il cambiamento nelle organizzazioni?
Imprese di Talento ha il piacere di ospitare, nella sua rubrica e-lettera22, le parole del Professor Salvatore Garbellano, docente di modelli organizzativi al Politecnico di Torino e autore di un libro di recentissima uscita, della Franco Angeli Editore, intitolato“Come le Imprese di Successo hanno superato la crisi”. Verrebbe spontaneo rispondere “attraverso la valorizzazione del talento…..” ma lasciamo che sia l’autorevole pensiero del Prof Garbellano ad illuminarci la strada. Read more
L’economia spinta dalla motivazione: è questa la medicina giusta per una reazione allo stato di crisi e di staticità che ha bloccato l’Eurozona in questi anni?
E’ una corretta chiave di lettura del libro. Gli imprenditori e i dirigenti che hanno avuto il coraggio di investire sul loro futuro senza aspettare l’arrivo di tempi migliori o di ricevere aiuti dallo Stato, guidano oggi le imprese di successo. La disponibilità di risorse finanziarie ha facilitato queste scelte ma le fondamenta sono costituite da valori, obiettivi, desideri e bisogni in possesso del team di vertice delle imprese. Questi capi azienda sono diventati leader: hanno motivato se stessi e i propri collaboratori ad intraprendere un percorso di discontinuità rispetto al passato. Per questo motivo la loro energia ha superato i confini aziendali per rinnovare l’intera economia.
Fabbriche intelligenti, imprenditori visionari, formazione sulle competenze e sulla motivazione dei dipendenti, modelli organizzativi flessibili, reattivi e con una sempre più vocazione al welfare, cosa manca al nostro sistema imprenditoriale per correre dopo anni di staticità e di paure?
Oggi bisogna essere più competitivi nel significato originario della parola. Il termine “competere” non ha niente di sgomitante o muscolare. Significa “correre insieme verso la stessa meta”. Vuol dire avere una vision condivisa, sviluppare team, fare alleanze all’interno (ad esempio, tra management e proprietà, ma anche tra imprenditori e figli) e all’esterno dell’impresa con le reti di vendita, centri di ricerca e competitori. Individualismo, accentramento delle decisioni e mancato riconoscimento della meritocrazia, rappresentano pesanti vincoli allo sviluppo. Sarebbe necessaria un’altra alleanza,: con la pubblica amministrazione, per far rientrare le fabbriche che sono state delocalizzate. Senza fabbriche in Italia non c’è innovazione e non si creano posti di lavoro qualificati.
In tutto questo processo di cambiamento, la comunicazione quanto può incidere nella relazione tra imprese e dipendenti, tra imprese e territori, tra imprese e stakeholder?
La comunicazione rende più veloci i processi di cambiamento. Previene e riduce le resistenze all’innovazione che sono sempre presenti nelle organizzazioni purché i contenuti e le modalità siano coerenti ai bisogni delle persone e delle imprese. Comunicare richiede da un lato coerenza nei comportamenti soprattutto dei vertici aziendali, dall’altro tempo e fatica. Soltanto con una strategia di comunicazione continua e innovativa si crea fiducia e si promuove la collaborazione. Ad una condizione però: i dipendenti siano trattati come persone adulte che comprendono i problemi e possono fornire un contributo alla loro soluzione.
Ad un giovane neolaureato cosa consiglierebbe oggi: sviluppare una propria start-up o come più volte autorevoli esponenti del mondo economico, politico e sociale hanno esortato, andare a farsi le “ossa” all’estero?
Manca una terza possibilità. Lavorare in un’impresa italiana che cresce, ha progetti, innova. La loro scarsa visibilità e appetibilità, rende difficile il loro processo di attrazione verso i giovani che hanno voglia di fare e così aumenta la disoccupazione giovanile. Le tre opzioni possono fornire grandi opportunità di apprendimento ma ciascuno deve trovare la propria via per far emergere il talento che ha in sè. Un consiglio per i giovani? Trovare chi possa aiutarli nella ricerca delle migliori capacità.
Cosa manca oggi all’Italia per essere nuovamente un Paese che produce bene oltre che beni?
Le imprese che hanno preso le giuste decisioni e hanno fatto le cose nel modo giusto, hanno fornito un contributo rilevante per far uscire il Paese dalla crisi. Produrre bene ha un’altra valenza: le imprese eccellenti arricchiscono le comunità di cui fanno parte, in termini economici, sociali e culturali. E’ auspicabile che si faccia un ulteriore passo. Chi guida le imprese di successo deve essere consapevole della funzione sociale svolta in questi anni. Ad esempio agendo in modo più incisivo per rendere l’intero sistema pubblico più vicino alle aziende che creano valore. La nuova generazione di imprese leader mostra che cambiare è possibile, occorre più fiducia in noi stessi e tra i diversi attori sociali. Senza cercare alibi per rimandare le decisioni. Non c’è buon vento per chi non sa dove andare.
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