E’ ancora molto diffusa oggi, anche ai massimi livelli delle Istituzioni Pubbliche, la convinzione che essere un valido professionista di comunicazione politica significhi avere le giuste competenze anche per svolgere il ruolo di comunicatore per conto di una Istituzione (dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in giù).
In realtà sono due ruoli molto diversi tra loro: chi si occupa di comunicazione politica ha come obiettivo quello di creare consenso per il candidato o per il partito in un contesto altamente competitivo, dove il target principale da raggiungere, con il fine del consenso, è l’elettore.
La comunicazione istituzionale, invece, ha lo scopo di costruire un processo narrativo attraverso il quale attuare gli scopi istituzionali, coinvolgendo la totalità dell’opinione pubblica, ovvero l’intero Sistema Paese.
Conseguentemente la comunicazione politica, al pari di qualunque strategia disegnata per il settore privato, è misurabile attraverso il consenso. Cosa invece decisamente meno evidente quando si opera in un contesto pubblico ove gli sforzi maggiori sono rivolti al mantenimento della reputazione dell’amministrazione in cui si opera, preoccupandosi di proteggere l’autorevolezza istituzionale, a livello nazionale e internazionale, e di rendere quella stessa Istituzione rispettata e considerata da tutta l’opinione pubblica, indipendentemente dalla figura apicale che la rappresenta.
Chi si occupa di comunicazione istituzionale ha la necessità di connettere la vita del palazzo alla vita della strada, in modalità biunivoca, ovvero trasformare contenuti tecnico-politici in narrazioni che, attraverso i canali di comunicazione, media, social, relazioni, possano essere compresi nel modo più chiaro possibile dalla totalità dei cittadini. Per fare questo, ciascun organo istituzionale non può oggi non prevedere al proprio interno una content factory, ovvero una macchina di semplificazione dei contenuti, da quelli più politici, a quelli più tecnici, da quelli di influenza nazionale a quelli di respiro internazionale, elaborati e poi diffusi, ciascuno con linguaggi, metriche e parole studiate nei minimi dettagli, all’esterno attraverso la relazione con i media tradizionali e i social network.
La comunicazione istituzionale deve unire il processo alla visione: chi opera in questo ambito deve saper leggere in anticipo le tempeste perfette ed avere sempre pronto un “Piano B”, capace di tutelare l’Istituzione che rappresenta, le persone che ne fanno parte e la rappresentanza popolare.
Un altro comportamento oggi sempre più atteso e “giudicato” dall’opinione pubblica è la trasparenza, negli atti e nelle relazioni. Se pensiamo ai processi di comunicazione è fondamentale adottare la politica del dialogo inclusivo, dove si fortifichi la relazione tra il driver istituzionale, chi intermedia e chi è giudicante, ovvero i cittadini. Occorre che questi ultimi si sentano parte delle istituzioni, questo è democraticamente centrale per riattivare quel senso di Stato che oggi appare offuscato nella mente e nel cuore degli italiani ( si veda l’astensionismo storico registrato nelle ultime elezioni politiche)
E’ tempo quindi di raccontare la storia della Repubblica Italiana in modo differente. E’ tempo che i comunicatori dentro le istituzioni non facciano comunicazione politica e da salotto, ma siano facilitatori narrativi e fari di competenza verso coloro che si trovano a dover prendere decisioni per l’intera collettività.
* Articoli pubblicati su blog di Affari Italiani The Ghost Writer
Imprese di Talento, fondata nel 2013 da Daniele Salvaggio (LinkedIn) è una società di consulenza strategica in comunicazione istituzionale e corporate. Tra i clienti appartenenti a diverse industry figurano associazioni di rappresentanza, studi legali e professionali, piccole e medie imprese.