Sempre di più la comunicazione delle parole sta abdicando verso la comunicazione delle immagini. La domanda da porsi è: quanto oggi una foto, una story, un instagram reel è in grado di far comprendere a pieno un pensiero, uno stato d’animo, una aspettativa, un sogno? Nell’epoca dell’immediatezza il potere delle immagini è fortissimo: colpisce, ingaggia, suggestiona. La fotografia, tradizionalmente considerata una forma di comunicazione statica, diventa sempre di più, grazie anche all’impulso dato dai social network, la scelta vincente per fissare sentimenti, emozioni e sensazioni da parte di chi ne fruisce, ovvero tutti quanti noi.
Lo scatto fotografico può avere diverse funzioni: informare, coinvolgere, denunciare, provocare, sovvertire, sdoganare. Presso la Fabbrica del Vapore di Milano dal 22 ottobre 2022 al 26 marzo 2023 è in programma un’emozionante mostra fotografica di Andy Warhol dal titolo “La pubblicità della forma”.
L’artista, noto in tutto il mondo per essere diventato il rappresentante più significativo della pop art americana, con le sue opere mette in evidenza le contraddizioni di un consumismo centrato su oggetti comuni innalzati a icone grazie ad una forma di divismo spinto. Le immagini ritratte da Warhol infatti sono caratterizzate da un messaggio molto potente: tutto ciò che può essere prodotto e consumato rappresenta la felicità bucolica da perseguire e imitare.
Nelle sale della Fabbrica del Vapore si incontrano le immagini più significative che hanno fanno “centro” dal punto di vista emozionale e ingaggiante verso il grande pubblico, diventando pubblicità cult. Pensiamo alla lattina di zuppa Campbell’s Soup, potentissimo simbolo di appartenenza consumistica americana o ai diversi ritratti di Marilyn Monroe, icona popolare da adorare, al pari di un simbolo religioso. L’oggetto, il volto, il contesto, artisticamente enfatizzato, diventano un modello di vita e di esistenza, per cui non è più così importante scegliere in base all’utilità o al bisogno, ma secondo un senso di appartenenza omologata. E’ la celebrazione di una confusione latente tra oggetto e soggetto, funzionale ad una esistenza stereotipata, dove si è soli nonostante ci si trovi in mezzo a tanti.
La società di oggi non è molto diversa da quella fotografata da Warhol: le nostre azioni sono scandite da immagini postate in tempo reale sui social, come se bastasse questo per comunicare l’emozione provata. La foto è diventato il mezzo e non il fine, e questo ci rende spesso scontati. La soluzione per innalzare l’unicità delle nostre emozioni è di cambiare il nostro modo di comunicare, lasciando spazio maggiore alla sospensione, al silenzio appeso, all’attesa di una nuova scoperta.
Che sia una parola o un’immagine poco importa: ciò che conta è riappropriarci di quella autenticità che rende l’essere umano misteriosamente intrigante. Non scopriamo tutte le nostre carte. Lasciamo spazio all’immaginazione, nostra e del mondo.
* Articoli pubblicati su blog di Affari Italiani The Ghost Writer
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