Libertà di stampa, pandemia e guerra 4.0: quando la vera arma è la comunicazione

3 Maggio 2022

Guerra 

“La teoria di una stampa libera è che la verità emergerà dalla libera discussione, non che sarà presentata perfettamente e istantaneamente in qualsiasi versione.” W. Lippmann

 

La comunicazione, spesso accentrata e controllata dai poteri forti, ha avuto nel corso della storia mondiale un ruolo centrale. Passando dai recenti avvenimenti del ‘900, quali il fascismo e le guerre mondiali, arrivando ad oggi con la pandemia e la guerra Ucraina – Russia risulta evidente come i media rappresentino uno strumento efficace per impressionare e influenzare l’opinione pubblica. Oggi qualunque notizia ha una diffusione immediata, la velocità a scapito della attendibilità. Ne è un esempio evidente l’attuale conflitto che coinvolge Russia e Ucraina ma che si estende in modo diretto e indiritto su dimensioni globali. 

I leader di tutto il mondo tendono ad anticipare posizioni, intenzioni, conferme o smentite attraverso i social network, contribuendo così ad alimentare il disorientamento. Rifacendoci all’attuale conflitto, è chiaro a tutti che esiste un conflitto reale, di cui non tutto è percepito ma soprattutto trasmesso in modo chiaro e comprensibile, e al tempo stesso in real-time una narrazione disintermediata attraverso i social network con inevitabili ripercussioni sulla complessa interpretazione del conflitto. Ma siamo certi che tutto ciò che ci viene mostrato corrisponde davvero alla realtà?

La verità è che chi governa la percezione, oggi governa l’opinione pubblica.

La guerra tra Russia e Ucraina rappresenta il vero spartiacque tra due modelli di comunicazione: da un lato, Putin, più vicino alla classica narrazione dall’altro Zelensky, più vicino ai modelli occidentali e capace di coinvolgere la popolazione globale tramite i canali social. Due modelli che incidono sulla percezione: una più tradizionale e vicina alle vecchie strategie del ‘900, come quella di Putin che ha vietato di parlare di guerra e di diffondere disinformazione sull’esercito e sul governo russo, ossia di diffondere informazioni distanti da quelle emanate dal governo; dall’altro lato una più incline a catturare l’attenzione mondiale attraverso mezzi e capacità di comunicazione innovative.

In tutto ciò qual è la partita giocata dai mezzi tradizionali dell’informazione?

I media si trovano a dover affrontare un’ambivalenza importante: da una parte il diritto di cronaca che prevale su una argomentazione più ragionata e di visione rispetto al conflitto, dall’altra, collegata alla prima, una scelta editoriale mirata all’informazione collegata a sua volta all’attenzione del pubblico, ovvero all’audience. La domanda da porsi rispetto al processo mediale in corso legato alla guerra è: “l’opinione pubblica, italiana e internazionale, ha una chiara percezione di quello che sta accadendo?

Se l’informazione ha scelto una propria narrazione del conflitto, attraverso i social network la situazione è uguale o differente? I canali di comunicazione digitale, nati come piattaforme democratiche oggi si trovano a dover assicurare da un lato la libertà di parola a tutti (le recenti affermazioni del Ceo di Tesla, Elon Musk che ha acquistato Twitter e che ha promesso agli utenti un ritorno alla “completa libertà di parola” lo confermano) dell’altro contrastare il fenomeno delle fake news e l’istigazione all’odio e a qualunque forma di discriminazione e intolleranza.

Ci si chiede allora qual è la linea sottile tra le responsabilità dei media offline e online e i diritti degli utenti.

 

Quel che è certo è che i lettori necessitano di un’informazione chiara, libera e veritiera, ma soprattutto di un’informazione in grado di spiegare, non solo i singoli aspetti dei vari avvenimenti, ma le conseguenze di ognuno di essi, cercando di evitare il sensazionalismo, la vera insidia comunicativa dell’era moderna. Ci si aspetta che l’informazione sia in grado di far comprendere alla popolazione che esiste un modo per controllare la percezione pubblica e ci si aspetta che l’informazione insegni che è impossibile avere una verità oggettiva, che esistono sempre due lati di una stessa medaglia e che la verità emerge sempre dalla libera discussione. O così dovrebbe essere. 

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